X.290



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Benedetto Zorzi a Galileo X.41 1592.12.12

Michelangelo GALILEI a GALILEO in Roma.

Monaco, 14 aprile 1610.

Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. VI. car. 191. – Autografa.

Car.mo et Honor.do S.r Fratello,

Il venardì Santo passato, che fummo a li 9 del presente, ricevei la vostra gratissima insieme con i libri, quali l'istesso giorno feci legare, con pensiero di volerli presentare a li Ser.mi Patrone et Elettore; ma sendo tanto il mio Patrone intento([655]) a l'orationi, fui consigliato a indugiare al lunedì dopo la Pasqua, poi che S. A. in quei giorni Santi forse non haveria applicato l'animo a tal cose: sì che accettai il consiglio. Ieri venne il Ser.mo Elettore da Fraising, che è una città appartenente a lui; et così trovandosi questi principi insieme, mi si aperse comodissima occasione di presentare detti libri, sì come feci. Subbito dopo che ebbono desinato, mi messi nel'anticamera del Ser.mo Elettore aspettare le loro Altezze; quale venute, mi feci avanti, et ebbi una gratissima audienzia, et furno ricevuti i libri con somma benignità da quelle Altezze, replicandomi il mio Patrone più volte, che li era tal cosa gratissima et che l'occhiale li sarà altretanto più grato: et questo non è stato poco, sentir questo dal mio Patrone, poichè è un principe di poche parole; et vi assicuro, se l'occhiale riuscirà di sodisfazione di S. A., come non dubito, ne riceverete non([656]) piccolo segno di gratitudine. Basta; S. A. aspetta l'occhiale con gran desiderio. Il Ser.mo Elettore poi, come principe umanissimo, si misse a parlar meco, et mi disse haver già hauto un de' vostri libri, ma senza figure, et vi prega che vogliate far un trattato sopra de la fabbrica de lo strumento, et insegnarlo a fare; et non havendo voi, in questo vostro primo libro, insegnato chiaramente tal fabbrica, li pare che sia mancamento; et dice, se metterete innesecuzione quello che scrivete, che vi farete inmortale; et vi prega, non volendo voi insegnar a altri detta fabbrica, al manco siate contento di volerne conpiacere S. A., che vi si dimostrerà quel principe che gli è; et dettoli che li mandate un occhiale, ne à ricevuto sommo contento, et mi dette la mano in fede, dicendomi che vi sarà gratissimo: et perchè S. A. deve partir per Praga fra pochi giorni, à dato ordine che li sia mandato subbito detto occhiale. Vedete hora voi se potete conpiacere questo principe circa l'insegnarli il modo di fabbricar lo strumento; quanto che no, scrivereteli una lettera a vostro modo. Vi dico bene che S. A. si diletta infinitamente di tal professione.

L'occhiale che vi ho dimand[a]to per me, non mi rispondete niente. Se bene io non son principe, da potervi remunerare, sono al manco vostro fratello, et per questa causa mi pare strano che non vogliate conpiacermi di tal cosa: pure non sono interamente fuora di speranza.

Li dui giorni che ò hauto li libri appresso di me, li ò fatti vedere a diversi signori int[en]denti, i quali restono stupiti di sì miracoloso trovato, et in particolar il Sig.r Talbotto, signore principalissimo Inghilese, stato scolar[o] di nostro padre già circa 30 anni fa; et dice cognoscervi voi ancora, et per esser intendentissimo([657]) di tal proffesione, resta marav[i]gliatissimo; et vi saluta caramente, rallegrandosi infinitamente il sentir le vostre virtù. Io poi non vi dico niente de l'allegrezza ch'io sento del vostro bene, et questo S. Giovanni a Firenze ho paura che non siate rubato dal nostro Patrone a cotesti Signori: il che prego Nostro Signore che segua quello che sarà per il meglio. Altro non mi occorre; solo vi prego a scrivermi spesso, e non mancate mandarmi le corde, et sopra tutto che quando sarete a Firenze, mi procuriate lettere di raccomandazione dal G. D. al mio Patrone; ma che sieno di quelle buone, sì come voi potete facilissimamente ottenere. Altro non vi ò che dire, solo pregarvi a ricordarsi di me et di quello che vi ò dimandato. La mia moglie vi si raccomanda di cuore, sì come faccio io ancora, dispiacendomi sentire che siate travagliato dal mal vecchio, sì come son io ancora; ma pazientia, rimettendo tutto a Dio.

Poscritta.

Havendo il Sig.r Lorenzo Petrangoli, senese et cappellano di S. A., vostro amico vecchio, scritto a Siena al Sig.r Domenico Meschini la copia di quella lettera che mi scrivesti circa le maraviglie scoperte da voi in cielo, li dà questa risposta:

«La nuova che V. S. mi dà del'occhiale del S. Galilei non mi è stata nuova, ma grata, come procedente dall'affezione di V. S.; perchè tengo appresso di me un occhiale, non così buono come dice il Sig.r Galilei, ma ragionevole, et in breve ne spero un migliore, per veder poi la mia vista a chi più si accosta, o a quella del Sig.r Galilei, o a quella d'un altro osservatore in Roma, che dice haver veduto che la luna traspare, contrario appunto al S.r Galilei; alla oppenione del quale non solo mi accosto per una certa mia openione, ma anco per saper il valor suo, per altro tempo et in altre occhasioni noto».

Detto Sig.r D. Lorenzo vi saluta, et vi si ricorda affezionatissimo.

Di gratia, non mancate mandarmi ancora dui o tre copie di libri, per mostrarli qua ad altri mia cari patroni, quali li desiderano grandemente. Dio vi feliciti.

Di Monaco, li 14 d'Aprile 1610.

               Vostro Aff.mo Fratello

Michelag.lo Galilei.

L'inclusa vi sia raccomandata.

([655]) Tra Patrone e intento si legge, cancellato, in particolare. – [CORREZIONE]
([656]) Tra riceverete e non si legge, cancellato, qualche. – [CORREZIONE]
([657]) intentendissimo – [CORREZIONE]




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